PROSSIMA EDIZIONE: BOLOGNA 16 gennaio – 2 marzo 202

Il Permafrost è comunemente identificato come un terreno tipico delle grandi pianure artiche: fangoso in superficie e congelato al di sotto di una certa profondità, nel quale vengono rinvenuti i Mammut o altri animali dell’ultima glaciazione. In realtà il permafrost è un qualsiasi materiale che rimane a temperatura inferiore a 0°C per almeno due anni consecutivi con una porzione superficiale detta “strato attivo”, che per un certo periodo, durante l’estate presenta temperature positive.
Il permafrost e lo strato attivo dipendono quindi dalle variazioni del clima e delle condizioni superficiali come la neve e la vegetazione. Per questo motivo lo spessore dello strato attivo e la temperatura del permafrost sono considerati indicatori climatici da parte dell’Organizzazione Metereologica Mondiale.

A Ny-Ålesund è stata predisposta una griglia di 50x50 metri in cui viene costantemente monitorata la temperatura e lo spessore dello strato attivo che risulta molto variabile anche in brevi distanze. Sempre per monitorare la temperatura del permafrost è stata anche realizzata una perforazione profonda 50 metri nella quale la temperatura viene monitorata a diverse profondità.
Le piante costituiscono una componente fondamentale degli ecosistemi e svolgono funzioni fondamentali per il mantenimento della vita sul nostro Pianeta. Infatti, con il processo di fotosintesi le piante sottraggono dall’atmosfera anidride carbonica, rilasciando ossigeno e producendo zuccheri, che costituiscono la base della catena alimentare.

Spessore dello strato attivo nella griglia di NY Alesund. Gli spessori variano da 125 cm (blu scuro) a poco più di 200 cm (rosso).

Poiché le piante non possono spostarsi, esse devono forzatamente adattarsi alle condizioni climatiche ed ambientali del posto in cui sono nate e cresciute. Ciò fa sì che le specie vegetali siano molto utili per la ricerca scientifica per studiare gli impatti del cambiamento climatico, soprattutto in aree soggette a condizioni estreme come quelle polari. Infatti le specie vegetali artiche si sono evolute in climi molto freddi ai quali si sono perfettamente adattate.Il recente riscaldamento climatico, invece, sta provocando alterazioni della vegetazione che vanno dalla scomparsa di alcune specie, alla variazione della composizione floristica della vegetazione, alla modificazione di processi metabolici delle piante, in particolare della fotosintesi e della respirazione. Le piante inoltre interagiscono anche con il suolo e in particolare con il permafrost.
Per individuare gli impatti del cambiamento climatico, dal 2012 sono state installate aree di monitoraggio della biodiversità vegetale. Inoltre sono in corso misure dei flussi di anidride carbonica che permettono di quantificare l’andamento dei processi di fotosintesi e respirazione delle piante per controllare il loro contributo al controllo della quantità di anidride carbonica in atmosfera.

Misure dei flussi di anidride carbonica effettuati con uno strumento portatile su differenti tipologie di vegetazione artica.

Percorso