La velocità con cui, negli ultimi anni, il cambiamento climatico si sta manifestando in Artico sorprende ancora la comunità degli scienziati. Il confronto tra i modelli previsionali e l’andamento osservato relativo alla riduzione estiva della banchisa polare mette in evidenza in modo eclatante le nostra attuali difficoltà.
L’andamento anomalo che l’estensione della banchisa artica ha presentato nel 2016 ci aiuta a percepire la complessità del sistema climatico artico e le difficoltà nello sviluppo di modelli in grado di fare previsioni realistiche su scala globale e regionale. In primavera un’estensione della banchisa con una riduzione di oltre 800.000 km² rispetto ai valori del 2007-2012 aveva fatto temere gli scienziati. Invece, un’estate caratterizzata da condizioni non particolarmente favorevoli alla perdita di ghiaccio marino, ha permesso di contenere il minimo del mese di settembre e evitato di polverizzare il record del 2012.
Il grafico confronta la variazione di estensione dei ghiacci artici negli anni dal 2012 a metà 2016
Nel breve periodo condizioni particolari possono determinare variazioni notevoli rispetto a trend climatici apparentemente consolidati. Questa è la conseguenza di diversi processi che contribuiscono a rendere, ancora più forte che nel resto del Pianeta, la connessione tra le diverse componenti del sistema: atmosfera, idrosfera, criosfera, litosfera, biosfera. A causa di tutto ciò i pur spettacolari sviluppi che la modellistica climatica ha conosciuto negli ultimi 40-50 anni non sono ancora sufficienti per passare dalla scala delle proiezioni a quella delle previsioni climatiche nella regione artica.
Estensione dei ghiacci artici nel mese di settembre: modello e dati ossservati
Le proiezioni dei futuri scenari climatici in Artico possono essere ottenute attraverso le attività del “Coupled Model Intercomparison Project” (CMIP5) e del programma “Coordinated Regional Climate Downscaling Experiment” (CORDEX) per trasferire i risultati su scala regionale. Queste proiezioni climatiche non sono normalmente inizializzate con le osservazioni. Più recentemente, si è cominciato a introdurre, nelle simulazioni modellistiche, i contributi di alcune forzature esterne, quali la variabilità solare, le eruzioni vulcaniche e gli aerosol. Le attuali limitazioni nella rappresentazione del sistema climatico, dei processi che lo governano e della variabilità su lunghe scale temporali portano a grandi differenze, sia nelle proiezioni per il futuro prossimo (10-20 anni) fornite dai diversi “Modelli climatici a Scala Globale” (Global Climate Models - GCM), sia tra queste proiezioni e i trend a lungo termine osservati.
Il passaggio da “proiezione” (scenario più o meno preciso) a “previsione” del clima in Artico su scale delle decine di anni potrà avvenire solo quando saremo in grado di inizializzare il modello in modo quanto più realistico possibile, e far sì che il modello incorpori la variabilità del sistema alle scale decadali e inter-decadali in maniera realistica. Il sistema di previsione decadale potrà poi essere facilmente utilizzato per effettuare previsioni su scale stagionali e anche inferiori.
Evoluzione dei modelli climatici